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Roberto Sposini: "Mobilità, perché serve una transizione umanocentrica"

Roberto Sposini

Roberto Sposini, Chief Mobility Editor in LifeGate, ci offre una riflessione sulla transizione elettrica della mobilità. Per il giornalista, autore, relatore e chairman di numerose conferenze ed eventi dedicati a green economy e tematiche ambientali, la transizione, per essere sostenibile, prima che “elettrica” deve essere energetica, ambientale, economica e, soprattutto, sociale.

Forse non è il momento più opportuno per tratteggiare scenari futuri sulla mobilità. Il rischio di essere smentiti è concreto. Ma anche se qualcosa dovrà cambiare nelle politiche di transizione, anche se la guerra in Ucraina ci costringerà a rivedere le politiche energetiche, il percorso è segnato da troppo tempo. A ribadirlo, nei mesi scorsi, dopo l’Unione europea, anche il nostro Comitato interministeriale per la transizione ecologica. Tutti a sollecitare un’accelerazione sulla transizione. Dimenticando troppo spesso che per potersi definire sostenibile, la transizione prima che “elettrica”, deve essere energetica, ambientale, economica e, soprattutto, sociale. In una parola, giusta.

Shangai
Shangai: una delle città più inquinate al mondo

Ma per comprendere l’urgenza serve un’analisi a monte. E per farlo bastano tre parametri: NO2, il biossido di azoto, PM10 e PM2,5, ossia le polveri sottili. Spieghiamo: l’Organizzazione mondiale della sanità per ciascuno di essi ha posto dei limiti, al di sopra dei quali si parla di rischi per la salute. Da un recente report di Legambiente è emerso che su 102 città italiane capoluogo di provincia, nessuna ha rispettato questi valori nel 2021.
Le soluzioni? Se “elettrico” è ormai la parola chiave quando si parla di innovazione, da sola non basta. Devono mutare i modelli di business e l’attenzione alla circolarità dei processi produttivi. Forte della sua capacità di reinventarsi, l’automotive può puntare a essere interprete fondamentale della trasformazione delle nostre economie e dei nostri modi di vivere per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Deve solo volerlo. Devono volerlo governi e istituzioni.

Nel frattempo, i dibattiti si inaspriscono. E quelle che ieri sembravano soluzioni, oggi diventano incertezze. Come l’ibrido plug-in, da molti immaginato come passaggio ideale verso la totale elettrificazione. E invece… Un recente studio dell'International Council on Clean Transportation spiega che consumo ed emissioni delle ibride plug-in sarebbero fino a quattro volte maggiori rispetto ai test omologativi. La ragione? Umana, non tecnologica: chi possiede una phev – secondo lo studio - guiderebbe per la maggior parte del tempo sfruttando solo il motore a combustione. Capite perché informare e sensibilizzare le persone è fondamentale?

benzina diesel
L'UE si è già espressa: dal 2035 addio alla vendita di auto nuove a benzina e diesel, anche in Italia

Insomma, se i dati sull’ibrido di cui sopra trovassero conferma, sarebbe l’ennesimo rebus da risolvere. Quale che sia la risposta, una soluzione deve arrivare alla svelta. Perché l'UE si è già espressa: dal 2035 addio alla vendita di auto nuove a benzina e diesel, anche in Italia. E a sentire la scienza - che dice che dobbiamo dimezzare le emissioni entro il 2030 – siamo già in ritardo

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Rinnovabili: in Italia siamo fermi al 39% sul mix energetico globale

Il quadro è complesso e il conflitto in Ucraina ha stravolto le priorità. Ma la tentazione di sbarazzarsi definitivamente del motore endotermico contiene un rischio. Ossia negare il ruolo che avrebbe dovuto avere nella transizione ecologica dell’auto. La soluzione? Accelerare (e molto) sulle rinnovabili che rimangono la strada migliore “nel lungo periodo“ per fronteggiare le conseguenze energetiche che arriveranno dalla guerra in Ucraina, come ha ribadito il presidente del Consiglio Mario Draghi. In Italia siamo fermi al 39% sul mix energetico totale, troppo poco; implementare milioni di stazioni di ricarica in tempi rapidi; rivedere il ruolo di biocombustibili e idrogeno verde, nel nome di quella neutralità tecnologica prematuramente dimenticata. Infine, dobbiamo investire in ricerca, sviluppo e innovazione, solo così potremo dire addio a un’ottica ancora troppo lineare: “prendi, produci, usa e getta” non funziona più, serve un approccio olistico, dove ogni fine sia un nuovo inizio.

Insomma, se è troppo tardi per frenare sull’elettrificazione, quello che possiamo fare, è coglierne le opportunità. Investendo soprattutto sulle persone, su quella transizione che deve essere prima di tutto umanocentrica. E per questo non basta l’ennesimo scostamento di bilancio, come ventilato. Serve una nuova visione, più circolare ed inclusiva. Almeno se vogliamo che la transizione non lasci indietro nessuno.

Roberto Sposini

Roberto Sposini

Roberto Sposini, giornalista, milanese, classe 1967, coordinatore e moderatore di academy, talk, webinar ed eventi tematici presso enti, istituzioni e imprese, ricopre il ruolo di Chief Mobility Editor in LifeGate, il media network punto di riferimento per lo sviluppo sostenibile.

Già direttore di pubblicazioni nazionali come GenteMotori, ha scritto sulle pagine delle testate più autorevoli. Autore (per Edizioni Ambiente) di “Neomateriali nell’Economia Circolare. Automotive”. Numerosi i suoi interventi in qualità di esperto in “Ultima Spiaggia” e “Greentour”, appuntamenti radiofonici di RaiRadio1 e Rai Isoradio.